In questa guida spieghiamo come mantenere il prato verde in estate.
L’arrivo dell’estate rappresenta per il tappeto erboso l’inizio di una fase nella quale si mette a nudo il lungo lavoro di formazione e manutenzione che ogni proprietario ha svolto nel corso dell’inverno e della primavera precedente.
Le alte temperature e la mancanza di precipitazioni atmosferiche sono, infatti, fattori assai limitanti per la maggioranza delle specie comunemente usate nei nostri miscugli. Loietto, Poa e Festuca infatti, come già ricordato, sono graminacee “microterme”, che hanno cioè optimum di sviluppo quando le temperature sono comprese tra 5 e 25 gradi.
Per fare in modo che queste piante possano superare indenni le fasi di maggior criticità, con i dovuti “stratagemmi” fisiologici che sono in grado di attuare (ripiegamento delle lamine fogliari, chiusura degli stomi, diminuzione del metabolismo, ecc.), è però necessario che il tappeto erboso sia condotto dal manutentore fino a questo momento nel modo migliore possibile.
Gli aspetti più importanti sui quali concentrarsi sono: lo stato fitopatologico e nutrizionale, la capacità di approvvigionare acqua alle piante (vincolata a tipologia di terreno, tipologia di apparato radicale e presenza o meno di impianto di irrigazione), la stregia manutentiva da adottare.
Stato fitopatologico e nutrizionale
Sono numerose le patologie che affliggono le graminacee da tappeti erbosi, quasi tutte imputabili ad attacchi di funghi e muffe che trovano le loro condizioni ottimali di sviluppo proprio con le alte temperature estive e l’alto tasso di umidità notturna tipico delle zone più continentali. Tali attacchi spesso si sottovalutano o non si ponderano a causa della loro scarsa appariscenza, ma i danni che ne possono conseguire sono assai più rilevanti della loro manifestazione, e possono portare alla distruzione totale di un prato in men che non si dica.
La prevenzione si attua mediante un programma corretto di nutrizione, per far sì che i tessuti delle piante siano nello stato più idoneo per contrastare l’azione dei patogeni. Ad adeguate concimazioni primaverili con prodotti ad alto titolo di azoto (tipo 15:10:10 o simili) dovrebbe seguire in questa fase una “spinta” con un concime ad alto titolo di potassio (tipo 10:10:15) che, aumentando la concentrazione dei succhi cellulari, conferisce turgore ai tessuti e ne aumenta la resistenza alle alte temperature e ai patogeni stessi. Le dosi di applicazione sono sempre sui 25-30 gr/mq.
In caso di infestazioni in atto (e qualora le condizioni ambientali lo suggeriscano, anche in fase preventiva) è possibile applicare dei prodotti anticrittogamici ad ampio spettro per il controllo delle principali fonti di infestazioni. Il prodotto più idoneo all’uopo è il propiconazolo, reperibile facilmente con diversi nomi di formulati commerciali, tutti vendibili senza patentino.
Approvvigionamento idrico
Risulta essere il fattore più limitante in assoluto, a meno che non vi troviate sulle Alpi o in Nord Europa, oppure non abbiate messo a dimora un tappeto erboso di macroterme.
La sua importanza è tanto più rilevante quanto “complesse” sono la storia del terreno su cui giace il vostro prato e quella del suo apparato radicale. Questi due elementi sono spesso “geneticamente” correlati (su terreni sciolti e profondi si svilupperanno apparati radicali più sani e robusti, su terreni pesanti, viceversa, apparati radicali sottili e superficiali), ma il loro comportamento relativo può, in una certa misura, essere “pilotato” dal manutentore.
Oltre agli interventi correttivi in fase di preparazione del fondo di semina (apporti di sabbie ed ammendanti) e a quelli di “routine” manutentive, come bucature, carotaggi, arieggiatura, una corretta gestione della tecnica irrigua è alla base di un sano e robusto sviluppo dell’apparato radicale.
Irrigazioni abbondanti e non troppo frequenti, per esempio, “guidano” gli apparati radicali verso i profili più profondi del terreno, abituando la pianta ad andarsi a cercare l’acqua e conferendole maggiore resistenza ad eventuali periodi di siccità.
Ma quanta acqua consuma realmente il nostro prato? E’ questa forse la domanda più comune, quella che spesso ci poniamo per arrivare a capire in che modo, realmente, dobbiamo comportarci in questo periodo.
La risposta, tecnicamente, si chiama ETR (evapo-traspirazione reale), e rappresenta l’applicazione al parametro ETP (evapo-traspirazione potenziale) di un Kc, coefficiente colturale tipico per ogni specie.
In soldoni, si traduce in numeri: per un prato di graminacee rasato a 5 cm medi di altezza ed in normali condizioni fitopatologiche e nutrizionali, il consumo idrico giornaliero medio nella stagione più calda è di circa 5-6 mm di H20/mq, pari a 5-6 lt/mq.
Detto fatto…il nostro prato di 100 mq ha bisogno, in questa stagione, di 500-600 lt di acqua tutti i giorni. Come glieli diamo? Tutti insieme, tutti i giorni? O due volte al giorno? O una volta ogni due giorni?
La risposta sta nella “storia” del prato e del terreno, in quegli elementi di cui parlavamo sopra, e nell’imprescindibile osservazione dei comportamenti.
Se il prato è stato “ben educato”, se il terreno è abbastanza fresco e profondo, se le specie che abbiamo usato lo tollerano, se non ci sono situazioni patologiche a carico, se…non abitiamo a Cagliari o a Palermo…allora è possibile “allungare” il turno e, magari, reintegrare la quota totale di acqua persa ogni due o tre giorni (badate bene…non “diminuire” la quantità d’acqua da reintegrare, perché sempre e comunque quella il prato consumerà, ma semplicemente distribuirla con frequenze diverse). Viceversa, sarà necessario irrigare giorno per giorno, e qui subentra la necessità di essere “assistiti” da un manovale d’eccezione…il mitico impianto di irrigazione!
Strategie manutentive
Con tutto quello che abbiamo già detto, si può limitare l’analisi alla gestione dei tagli, che in questa stagione dovrebbero essere effettuati un pochino più alti….o più bassi, a seconda delle situazioni!
In realtà è semplice ed intuitivo: tagli più bassi servono a diminuire la superficie fogliare esposta all’insolazione e, di conseguenza, alla perdita di acqua per evaporazione e traspirazione. Di contro, in zone molto aride e con insolazione molto elevata, con i tagli bassi si espone maggiormente all’azione dei raggi solari la superficie del terreno, diminuendo l’effetto “cuscino termico” del tappeto erboso, e causando un eccessivo riscaldamento a livello della superficie del terreno e, di conseguenza, del colletto delle piante (la parte notoriamente più sensibile).
In definitiva: tagli un po’ più alti (5-6 cm) nelle zone molto molto calde, tagli un po’ più bassi (3-4 cm) in quelle relativamente fresche. Essenziale, comunque, è la frequenza: ora come in tutte le altre stagioni quanto più spesso lo tagliate (e con lame ben affilate!) tanto più il vostro prato ne trarrà giovamento.